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Amianto e luoghi di lavoro

Dal collega Aimone Liotta

L’amianto (noto anche con il nome commerciale Eternit) è una sostanza chimica fibrosa impiegata fino agli inizi degli anni novanta per realizzare diverse strutture. Le caratteristiche di pericolosità dell’amianto non erano note fino a poco tempo fa e sono legate proprio alla struttura della sostanza in fibre, che deteriorandosi (per assenza di manutenzione o danneggiamento) si disperdono nell’aria e possono provocare, se inalate, alterazioni a livello dell’apparato respiratorio e polmonare anche gravi ed a distanza di molto tempo dall’esposizione.

La valutazione del rischio amianto nei luoghi di lavoro, è definita nell’art 249 del D.Lgs 81/08 in cui viene esplicitamente ricordato l’obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi . A tal fine il datore di lavoro ha l’obbligo, nell’impossibilità di procedere all’eliminazione del materiale pericoloso, di informare i lavoratori rispetto alla presenza del pericolo, di far effettuare una certificazione dello stato di integrità dell’amianto e di procedere comunque a monitoraggi ambientali e biologici per valutare la presenza di fibre di amianto nell’aria e nell’organismo dei lavoratori.

È importante ricordare che lo smaltimento dell’amianto deve e può essere eseguito soltanto da personale qualificato e da imprese autorizzate che abbiano requisiti e strumenti per la rimozione in sicurezza; la rimozione sconsiderata dell’asbesto, svolta da personale inesperto, non adeguatamente protetto e non al corrente del rischio da esposizione, ha in molti casi, in passato, generato problemi ben più significativi di quelli che sarebbero forse derivati evitando di movimentarlo.

Francesco Cuccuini

Operatore della sicurezza, consulente e formatore sulla #sicurezzasullavoro

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attento a quel che gli accade intorno

2 comments

  • Beh, Francesco, non è del tutto vero che l’amianto sia “una sostanza chimica fibrosa impiegata fino agli inizi degli anni novanta per realizzare diverse strutture”…

    Mi permetterai, essendo io una accanita “fan” dell’amianto (…) di riportarti prima l’incipit di una mia datatissima presentazione del problema amianto, il cui originale ho scritto a macchina perchè non avevo ancora un PC, nemmeno il 486 con cui mi addomesticai ai VDT, e a seguire l’inizio dei paragrafi di una meravigliosa relazione presentata nel 1997 dal fu prof. Scansetti di Torino, considerato unanimemente il più grande storico ed esperto dell’amianto in italia .
    Allora, io più di 25 anni fa, invitata ad un incontro “colloquiale” di un rotary club, cominciai dicendo che:
    L’ Amianto o meglio gli amianti, sono composti minerali naturali, per la precisione sono silicati doppi di magnesio ed altri elementi.
    La differenza tra i vari amianti è data proprio dal rapporto percentuale tra il Magnesio e gli altri elementi che possono essere presenti, cioè il Ferro, il Calcio e l’Alluminio.
    La presenza qualitativa e quantitativa di questi elementi determina la struttura fibrosa dell’amianto e le relative diversità morfologiche dall’uno all’altro tipo.
    Ciò che tutti i tipi hanno in comune, quindi, è proprio la loro conformazione in fibre (dette anche aghi), anziché in particelle, che sono responsabili della formazione di fibrosi polmonare detta appunto asbestosi come è risaputo da ben più di mezzo secolo per osservazioni epidemiologiche su lavoratori in miniere di amianto.

    Ed uso ancora gli stessi concetti e parole quando faccio formazione agli addetti a lavorazioni di bonifica da amianto. Formazione nella quale includo anche gran parte di ciò che io stessa ho poi imparato dalla Lettura dei lavori di Scansetti.
    E Scansetti scrisse:
    Nell’arco dei millenni l’amianto ha avuto fin nella sua stessa denominazione una storia singolare ed
    affascinante. Infatti, ad esempio, esso è stato associato – con riferimento alla sua filabilità e tessibilità –
    alla fibra più fine e preziosa dell’antichità: “lino vivo”, lo chiama Plinio il Vecchio; e “lino di Karpas”
    – dalla località nell’isola di Cipro ove veniva ricavato – è il nome che gli dà Pausania.
    Con riferimento alla sua resistenza al fuoco, e più in generale alle sue proprietà termocoibenti,
    nell’Alto Medioevo è stato associato con l’animale pur esso “a prova di fuoco”, la salamandra: così, in
    particolare, lo chiama Marco Polo nel suo Milione (Tabella 1), unendo una descrizione, per quel
    tempo molto precisa, del modo di ottenere queste fibre a fini tessili. Molti secoli dopo anche
    Beniamino Franklin utilizza questa denominazione, “cotone di salamandra”, accanto a quella ben più
    definita di pietra d’asbesto che, praticamente, è la stessa che troviamo nell’Encyclopédie. Quest’ultima
    distingue, molto propriamente e profeticamente, fibre “dolci e flessibili” che chiama amianto (il
    crisotilo?) e fibre rigide dette asbesto (le anfiboliche? – quali?).
    Questi due tipi di denominazione, salamandra e lino, perdurano sino ai nostri giorni: il nome
    commerciale “Salamandra” viene dato ai primi materassi per termocoibentazione in amianto prodotti
    industrialmente; un autorevole medico del lavoro, Ernst Baader, nella quinta edizione (1960) del suo
    trattato di patologia professionale chiama ancora la nuova pneumoconiosi detta asbestosi “Bergflachslunge”,
    cioè letteralmente polmone da “lino di monte” (Bergflachs: l’amianto)
    Da il Milione, Marco Polo, XIII sec. ““In questa provincia vi è un monte in cui sono delle miniere di acciaio e di andanico e delle salamandre con le quali si fanno delle stoffe che, se vengono gettate nel fuoco, non possono bruciare.”…”egli riferiva dunque che in quel fango vi era un minerale di ferro che aveva una specie di fili come la lana. Tali fili vengono seccati al sole e poi pestati in un mortaio di bronzo e successivamente lavati con acqua, così da essere separati dalla terra; la terra poi si getta via, e i fili di lana vengono filati e con essi si fanno in seguito delle stoffe”
    Secondo il Protovangelo di Giacomo, uno dei Vangeli Apocrifi, la Madonna… corse il rischio di contrarre l’asbestosi: però, fra le sei fibre da tessere nel tempio che Le venivano sottoposte. Le toccarono in sorte la porpora gemina e lo scarlatto, e non, fra le altre, l’amianto.
    Dal Protovangelo di Giacomo (o Natività di Maria) 10,1 II-IV d.C.: “Le introdussero poi nel tempio del Signore,
    e il sacerdote disse: Su, tirate a sorte chi filerà l’oro, l’amianto, il bisso, il giacinto, lo scarlatto e la porpora gemina. A Maria toccò la porpora gemina e lo scarlatto: li prese e se ne ritornò a casa sua”

    Nella Città di Dio Sant’Agostino più volte fa riferimento all’amianto come “pietra” o “lucerna” dal fuoco inestinguibile.
    Da La città di Dio, Sant’Agostino 21,5 e 6 IV-V sec.: “Una pietra dell’Arcadia si chiama asbesto perché una volta accesa non si riesce più a spegnerla…”
    …“anche voi dovete credere…all’esistenza in passato di un tempietto di Venere, con un candelabro al suo interno e una lucerna sul candelabro che a cielo aperto arde in modo tale che nessuna bufera, nessuna pioggia la spegne; per cui, come quella famosa pietra, così questa lucerna fu chiamata lychnos asbestos, ossia lucerna inestinguibile”

    Se volete leggere il resto, interessantissimo, il lavoro di Scansetti lo trovate oggi in web al seguente link:
    http://www.afevasardegna.it/attachments/article/144/01-Amianto%20Ieri%20e%20Oggi%20Scansetti-Scansetti.pdf.

    … E tra gli usi antichi ma storicamente provati dell’uso dell’amianto, le tele delle mummie egiziane non erano di lino, ma… di amianto!