Credo sia esperienza quotidiana di gran parte dei consulenti riscontrare l’attenzione spasmodica della clientela verso la carta, verso l’attestato, verso la documentazione che certifichi quanto erogato, svolto o consegnato.
Intendiamoci la preoccupazione è legittima e doverosa ma diventa indifendibile quando risulta l’unica motivazione. In sintesi non si persegue il principio di effettività.
Ma perché? Perché non passa il principio di effettività? Perché non riusciamo a fare capire che è occorre ragionare per risultati raggiunti e non per conformità ai regolamenti o almeno occorre ragionare per risultati raggiunti e successivamente per conformità ai regolamenti?
Tra le molteplici e numerose cause credo talvolta sia presente la certezza dell’Organo di Vigilanza di trovarsi in presenza di un Datore di Lavoro cialtrone cosiccome talvolta sia presente la certezza del Datore di Lavoro di trovarsi in presenza di un Organo di Vigilanza cialtrone.
Col risultato finale che la preoccupazione principale è e rimane sempre quella di avere le carte a posto, avere solo le carte a posto.
Perchè, in fondo, non ci credono alla sicurezza sul lavoro come strumento per migliorare l’affidabilità della propria organizzazione.
@ Carmelo
…e qui entra in ballo anche l’Organo di Vigilanza che deve farglielo credere.
Saluti
Caro Francesco, che frase per me “tremendissima” che hai scritto!
“Le Carte devono stare a posto”…
Ebbene, è a questa frase, esattamente a questa, che io devo l’essermi dimessa dalla PA a soli diciotto mesi dal minimo pensionistico allora fruibile (19 anni 6 mesi e 1 giorno), e questo ormai già ben venticinque anni fa. La frase fu pronunciata dal dirigente del presidio che oggi chiameremmo spisal e che a quell’epoca in campania era solo “settore di Medicina del Lavoro”. Io non ero certo UPG, stavo in lab e a parte mi interessavo della definizione dei protocolli sanitari in funzione dei rischi professionali (ma vedi un po’ nella vita…), e a quell’imbecille risposi urlando “machecca##o, noi siamo sanità e non finanze, non sono le carte ma le persone che devono stare a posto!” Era il 1989. Rifiutarono le dimissioni, presi un anno di aspettativa senza assegni al termine del quale tornai in servizio per qualche mese e poi mi licenziai, spiegando che o stavolta accettavano le mie dimissioni o io comunque non ci sarei andata mai più e avrebbero dovuto dichiararmi decaduta.
Come vedi, partiamo da molto lontano.
Oggi si fa tanto parlare di “medicina difensiva”: ma ci rendiamo conto che ci siamo avviluppati ormai da quasi un trentennio nella “amministrazione difensiva” e se stiamo in queste condizioni terribili di inciviltà diffusa è soprattutto per questo, perchè anche ed anzi soprattutto per loro devono stare a posto le “carte”?
personalmente, come sai, da qualche anno mi sono potuta permettere di lavorare solo per committenti che non si accontentano delle “carte”, anche se con questa carenza di liquidità gran parte del mio impegno finisce nel cercare di conciliare le aspettative del DdL con le sue possibilità di spesa. Sono la prima a cercare di tenersi “bassa sui costi”, compresi quelli che riguardano i miei compensi, ma continuo a vedere che le aziende che “pezzottano” sulla sicurezza poi vanno sempre peggio anche come produzione. Il che mi fa consolidare la certezza storica che ho, ossia che alla fine di tutto questo (perchè continuo a sperare ci sia una fine, a questo sgarrupo) saranno sopravvissute solo le aziende con una reale ottica imprenditoriale.
E un buon imprenditore sa bene che, se si può improvvisare un certificato, non si può improvvisare nè il buon funzionamento di un macchinario nè la professionalità/competenza/conoscenza di un operatore…
@ Aurora
Direi che le carte a posto sono il minimo sindacale, il riscontro oggettivo che sono state eseguite alcune azioni.
Purtroppo molte anzi troppe volte ci fermiamo al minimo sindacale.
Saluti