L’ipotesi del sopravvenuto venir meno in modo totale o parziale della prestazione lavorativa tale da giustificare il licenziamento ex art. 18 L. 300/1970 per giusta causa o per giustificato motivo non è ravvisabile se il mancato o non completo adempimento del lavoratore trova giustificazione nella mancata adozione da parte di datore di lavoro delle misure di sicurezza che, pur in mancanza di norme specifiche, il datore è tenuto ad osservare a tutela dell’integrità fisica e psichica del prestatore di lavoro e se quest’ultimo prima dell’inadempimento secondo gli obblighi di correttezza informa il datore di lavoro circa le misure necessarie da adottare a tutela dell’integrità fisica e psichica del lavoratore, sempre che tale necessità sia evidente o, comunque, accertabile o accertata.
Con tale pronunzia si conferma l’indisponibilità dell’esercizio del diritto prevenzionale da parte del datore di lavoro. Spesso determinate forme contrattuali (anche alla luce della c.d. riforma Fornero) vengono utilizzate per aumentare i livelli occupazionali e per “sbloccare” lo stallo provocato dalla profonda crisi che attanaglia l’intera Europa e non solo.
Questo però, non ammette in alcun caso la possibilità che ciascun datore di lavoro, a prescindere dall’elemento numerico di connotazione della forza lavoro possa venire meno al rispetto di quanto riportato. Se poi consideriamo come la sanzione applicabile nel caso di specie non sia solo quella tipica stabilita dal D.lgs 81/08 e s.m.i. ma può arrivare, in casi specifici derubricati dalla Suprema Corte anche alla conversione a tempo indeterminato del contratto di lavoro preesistente, si coglie ancor più la superficialità che alcuni adoperano nell’accostarsi a forme contrattuali che, da un punto di vista fiscale, contributivo e retributivo offrono molto al datore di lavoro interessato.
Corre seri rischi il datore di lavoro non in regola con l’osservanza dei doveri prescritti dal D.lgs 81/2008 in tema di sicurezza sul lavoro, nella specifica ipotesi in cui abbia assunto un lavoratore a tempo determinato. È quanto stabilito dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza del 2 aprile 2012, n. 5241. La Corte giunge ad affermare che il termine eventualmente opposto in spregio del divieto risulta nullo per contrarietà ad una norma imperativa.
Fabrizio Bottini
Docente Universitario in diritto della sicurezza sul lavoro e legislazione prevenzionale comparata
www.studiobottini.org.
Ringrazio Fabrizio della disponibilità a collaborare con fogliodellasicurezza.it
🙂